"26 novembre 2002 – 26 novembre 2022: oggi ricorre l’anniversario della tragica alluvione che ha colpito la Lodi e altri luoghi della nostra regione.
In 20 anni si è fatto molto, ma non è ancora sufficiente. Le ferite inferte alla città e le ferite psicofisiche, sanitarie, economiche subìte dai cittadini e dalle nostre piccole e medie imprese hanno lasciato segni indelebili.
Come in ogni tragedia sono nate tante forme di puro volontariato e generosità. Il disastro del 2002 nella Lombardia ha fatto sì che fosse potenziata ai livelli che oggi conosciamo la Protezione Civile come primo intervento.
Ma sul fronte manutenzione e prevenzione quasi nulla, e comunque troppo poco. Dal 2002 ad oggi lo Stato non è ancora riuscito a creare una struttura staccata dalla Protezione Civile, con fondi adeguati all’unico scopo di mettere i territori in sicurezza.
Invece sono anni che, governo dopo governo, vengono proposte “polizze anticalamità obbligatorie”. Sono oltre 1.300 le norme statali, e più di 3.000 gli enti pubblici che dovrebbero avere competenza in materia, fra queste vi è ancora un settore che il Governo dovrebbe verificare, dando regole precise: i Consorzi di bonifica.
Gli italiani pagano ogni anno almeno 600 milioni di euro ai Consorzi di bonifica per essere difesi dalle calamità naturali, ma nessuno lo sa e chi lo sa tace.
Maltempo anomalo, bombe d’acqua? Per la messa in sicurezza dei nostri corsi d’acqua, ora anche i Verdi sono d’accordo. Sfatata la Leggenda che erano contrari. Ho letto diverse interviste a esponenti dei Verdi, e componenti di associazioni ambientaliste con dichiarazioni in tal senso, anche se per quel che ne so la grande maggioranza dei responsabili di varie sigle ambientali ancor oggi non la pensano così.
Per anni dai Verdi e dagli ambientalisti si è sentito dire che i corsi d’acqua non devono essere “toccati”, e questo forse ai preposti responsabili negli anni ha fatto molto comodo.
Va fatta la pulizia corretta degli alvei fluviali, evitando di scavare buche non necessarie. A questo proposito cito una pubblicazione del Parco del Po: “I fiumi italiani e le calamità artificiali”, autori il Comitato per la difesa e la rivalutazione del Po – Italia Nostra Lega per l’Ambiente Pro Natura WWF del Piemonte, pubblicato nel 1988, che ho avuto modo di leggere.
Una frase estrapolata dalla pubblicazione è sufficiente per far comprendere che le escavazioni di ghiaia e sabbia possono avvenire: “Con le escavazioni negli alvei e nelle aree golenali si possono ottenere discreti effetti di regimazione idraulica dei fiumi, al fine di evitare l’istaurarsi di situazioni di pericolo per le popolazioni. Si può infatti esercitare un certo controllo sugli alvei (altimetrie e divagazioni) e sulle correnti (velocità, portate, livelli e direzioni). In alcuni casi può essere utile anche il solo spostamento di materiali negli (o presso gli) alvei”.
Nel 1988 questo veniva scritto, ed è sufficiente per dire che ci vuole sempre equilibrio, le ideologie estreme non fanno bene a nessuno. In questi ultimi mesi sono apparsi sulla stampa numerosi articoli sugli interventi fatti negli anni e quelli che ancora devono essere realizzati, con diverse dichiarazioni concordi nel dichiarare che per quanto realizzato a Lodi, è fra le città di fiume più resilienti d'Europa.
Da anni ho dichiarato che l’intervento principe che ha messo in sicurezza la città di Lodi è l’”abbassamento della briglia a valle del ponte napoleonico” e che bisogna intervenire sulla regimazione del fiume Adda.
Le difese spondali necessarie anch’esse, ma ritengo che il governo dell’alveo fluviale abbia la priorità che però non è stata considerata. Di quanto realizzato, l’intervento che non condivido è la realizzazione della chiavica sulla roggia Molina e le tre paratie sulle rogge irrigue attigue, interventi realizzati sfruttando il rilevato stradale della tangenziale come fosse una difesa spondale.
Si è preferito spendere così un milione e mezzo di euro invece che proseguire il rialzo dell’argine esistente dall’Isolabella fin dopo la cascina Barbina, che sicuramente sarebbe costato di più.
Discriminando poche famiglie residenti oltre la tangenziale, perché questa zona è stata dichiarata area di laminazione (area espressamente destinata all'allagamento in caso di piena). Si è preferito intervenire sfruttando la tangenziale non per una ragione tecnica ma puramente economica, perché non si poteva spendere troppo per un manipolo di cittadini, a differenza della sponda sinistra con una moltitudine di cittadini, dove per realizzare un nuovo rilevato (oltre quello già realizzato), protezioni mobili si arriva ad una spesa complessiva di circa 10 milioni di euro.
Chi vive oltre la tangenziale comunque non deve preoccuparsi, per i piccoli nuclei nelle aree espressamente destinate all'allagamento in caso di piena - come letto sulla stampa recenti dichiarazioni - hanno studiato la possibilità di applicazione, solo in condizioni critiche, di sistemi di protezione mobili, da installare e rimuovere una volta terminato l'evento alluvionale.
Da sempre saggio e prudente sarebbe stato mantenere una distanza di sicurezza dall’alveo dei fiumi e dei torrenti per mettere al riparo vita e beni dalle alluvioni che si verificavano e si verificano a intervalli irregolari e imprevedibili in molte zone del nostro Paese.
Ma la fame del territorio e l’arrogante disprezzo per la forza della natura hanno portato gli uomini a costruire in situazioni incredibili, con l’assurda presunzione che non si sarebbe mai ripetuto quanto la storia ha testimoniato nel tempo.
Ricordare, a distanza di vent’anni, questa alluvione ci permette di riflettere sulle gravi inadempienze e ritardi che sconta il nostro paese su temi strategici come il rischio idrogeologico e la difesa del suolo.
Se un fiume esonda e allaga un territorio, provocando lutti (che fortunatamente a Lodi non è avvenuto), danni e disperazione, non bisogna prendersela con la Natura o con il Destino: i fiumi. i torrenti, i ruscelli, le rogge hanno una funzione insostituibile ma spesso, troppo spesso, abbiamo tentato di ridisegnarne il loro corso in funzione di necessità puramente antropiche.
Va inoltre considerato che i devastanti effetti dei cambiamenti climatici sottopongono i nostri territori a rischi sempre maggiori. Oggi, infatti, lo scenario dell’emergenza climatica in Italia è angosciante. Il 30% del territorio – vale a dire 3341 comuni, 7 milioni e mezzo di abitanti, quasi 700 mila imprese e ben 2,5 milioni di lavoratori – è a elevato rischio frane e alluvioni.
Nell’ultimo decennio abbiamo assistito a quasi 1000 eventi estremi che hanno fatto 250 vittime e quasi 50000 mila sfollati, numeri da emergenza che debbono spingere il paese ad investire in un grande piano di messa in sicurezza della nostra bella Italia.
L’occasione che arriva dal PNRR– Piano di Ripresa e Resilienza (anche se io sono contrario a far debiti con la UE) è unica e va sfruttata per la conversione ecologica, il sostegno all’economia ma anche per rifare le fondamenta della nostra casa comune attraverso la messa in sicurezza del territorio.
La difesa del suolo potrebbe portare a oltre mezzo milione di posti di lavoro e far risparmiare ogni anno al paese circa 7 miliardi di danni da calamità naturali.
Per questo serve una politica, che abbia una visione presbite e che investa con coraggio in quella che dovrà necessariamente essere la più grande opera di difesa del suolo che il paese abbia conosciuto. Non possiamo pensare di dar vita ad un piano di crescita produttiva del nostro paese se prima non abbiamo costruito le condizioni che garantiscano la sicurezza e il futuro di famiglie, lavoratori ed imprese. Ricordare il tragico evento di 20 anni fa rappresenta un dovere morale, una responsabilità affinché la testimonianza degli errori del nostro passato possa rammentarci di non ripetere gli stessi passi".
Domenico Ossino già presidente Comitato Alluvionati Lodi (C.Al.Lo)
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