Ieri la Polizia di Stato ha eseguito un’ordinanza di misura cautelare in carcere nei confronti di un cittadino egiziano M.D. di 55 anni, del figlio cittadino italiano A.D. di 22 anni e di C.G. 55enne anch’egli italiano, accusati di aver costituito un’associazione a delinquere, che operava a Milano e a Cologno Monzese, finalizzata a far ottenere, attraverso la produzione e la trasmissione di documentazione fittizia e/o contraffatta, l’emissione o il rinnovo di permessi di soggiorno a cittadini stranieri privi dei necessari requisiti.
L’attività investigativa è stata svolta dalla DIGOS – Sezione Antiterrorismo della Questura di Milano, nell’ambito di un’attività coordinata dal procuratore aggiunto dr.ssa Alessandra Dolci e dai pubblici ministeri dr.ssa Paola Pirotta e dr. Adriano Scudieri della Procura delle Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Milano.
Nel corso dell’indagine, i poliziotti hanno riscontrato che gli arrestati, per eludere le norme in materia di immigrazione, soprattutto in riferimento al requisito dell’attività lavorativa e del reddito conseguente, erano soliti costituire una fittizia impresa individuale, con l’apertura di una posizione fiscale autonoma - partita IVA - effettuando o facendo effettuare quei pagamenti essenziali per rendere verosimile l’esercizio dell’attività, da parte di quei cittadini extra-UE che non avevano i requisiti di legge richiesti, per il tempo strettamente necessario alla presentazione delle istanze di soggiorno.
Gli arrestati, per semplificare l’attività illecita compiuta, erano soliti indicare quale sede delle imprese individuali – di fatto non operative ed artificiosamente create – uno stesso indirizzo ed allo stesso modo erano soliti scegliere - quale tipologia di attività lavorativa dichiarata – quella della posa in vetro o della tinteggiatura.
In altri casi gli arrestati, anziché costituire finte imprese individuali, disponevano che gli stranieri bisognosi di un titolo di soggiorno venissero assunti dalle sopracitate ditte, giusto il tempo necessario ad attestare l’esistenza di un lavoro subordinato, con il conseguente versamento dei contributi minimi dovuti, affinché all’ufficio amministrativo competente risultassero lavoratori subordinati.
Gli arrestati avevano ruoli e compiti ben precisi all’interno dell’associazione, in particolare M.D. e A.D. procacciavano quei cittadini stranieri che necessitavano di un regolare titolo di soggiorno in Italia, pur non avendone i requisiti, fornendo loro tutte le indicazioni e le possibili soluzioni per eludere illecitamente la normativa in materia di immigrazione, mentre C. G., essendo titolare di un punto di assistenza fiscale, svolgeva tutte quelle attività richieste ad un professionista abilitato.
E’ stato inoltre verificato che C.G., essendo in possesso delle credenziali per l’accesso al sistema informatico dell’Agenzia delle Entrate, ha deliberatamente fornito agli altri arrestati le password per permettere loro l’accesso, l’interrogazione e la trasmissione agli archivi dell’ente della documentazione amministrativa e fiscale nell’interesse dei cittadini stranieri per i quali era necessario regolarizzare la posizione sul territorio nazionale.
Nel corso dell’indagine della DIGOS, sono emersi altresì molti contatti con cittadini stranieri residenti all’estero, in particolare in Francia, che per ottenere il rilascio o il rinnovo di un titolo di soggiorno, venivano in Italia e si rivolgevano agli arrestati per precostituire o per alterare la documentazione necessaria al rilascio del titolo.
Ad ogni pratica gli arrestati applicavano un prezzo differente in considerazione della diversa posizione e della documentazione da precostituire o da alterare. Le tariffe variavano da poche centinaia di euro, per le pratiche più semplici, a qualche migliaio di euro per quelle più complesse. Tutti i pagamenti venivano effettuati in contanti o con versamenti di danaro sulla piattaforma Western Union.
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