La Polizia di Stato ha concluso un’articolata attività di indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Varese, che ha consentito di individuare i sette componenti di un sodalizio criminale responsabile di cinque rapine a mano armata consumate in territorio svizzero in prossimità dei valichi di frontiera con l’Italia della provincia varesina, realizzate dal mese di marzo 2017 al luglio dello stesso anno.
I rapinatori, al momento tutti in carcere ad eccezione di uno che ha avuto un ruolo più marginale, sono tutti residenti in Italia dove hanno pianificato e posto in essere tutti gli atti preparatori prima di superare la frontiera.
L’operazione è stata chiamata “LINEA DI CONFINE” proprio perché sono state ripetutamente prese di mira attività commerciali della Svizzera in prossimità del confine per poi fuggire in Italia facendo perdere le proprie tracce.
Le indagini sono state portate avanti dal personale dell’antirapina della Squadra Mobile, specializzato in questo tipo di reati, con l’importante collaborazione del Centro di Cooperazione di Polizia e Doganale di Chiasso, fondamentale per un veloce scambio di informazioni con la Polizia Cantonale, e del personale del Servizio Associato di Polizia Locale del Monte Orsa che grazie alla sua presenza nel territorio di confine ha condiviso le immagini del sistema di videosorveglianza pubblico indispensabili per acquisire elementi per identificare i responsabili.
È stato accertato lo stesso modus operandi per tutte le rapine nelle quali è stata utilizzata la tecnica della “vettura staffetta” sistema adottato dalla “banda” per evitare che il mezzo rubato in loro uso (scooter o auto), venisse bloccato da eventuali pattuglie incontrate durante il tragitto, dal nascondiglio del mezzo all’obiettivo da rapinare e viceversa.
L. F. di 56 anni e L.N.F. di 29 anni, entrambi residenti a Varese, originari della Calabria e L. G. 48 anni originario della Campania, sono il nucleo del sodalizio criminale; i primi, quali organizzatori e pianificatori delle rapine mentre il terzo si è occupato di procurare i materiali esecutori, gli operai, reclutandoli dal mondo della microcriminalità e della tossicodipendenza.
Le indagini sono state sviluppate grazie al confronto tra le immagini dei sistemi di videosorveglianza delle vittime, veicolate tramite i canali ufficiali del Centro di Cooperazione di Chiasso, e quelle acquisite dalle telecamere pubbliche, italiane e svizzere, che hanno consentito di individuare i veicoli in uso ai rapinatori e ulteriori elementi per la loro identificazione.
L’attività inserita nel più vasto ambito di collaborazione con il presidio di confine, è finalizzata alla prevenzione di questo tipo di reati, (generatori di grande allarme sociale), realizzati da residenti in Italia nell’errata convinzione che, effettuare rapine in Svizzera per poi riparare in Italia, garantisca l’impunità. Così non è stato.
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