Rischia di scomparire la risicoltura lombarda.
L'assessore all'agricoltura della Lombardia, Gianni Fava, ha scritto al commissario europeo all'agricoltura e sviluppo rurale, Phil Hogan, chiedendo di "contingentare gli stock di riso da importare dai Paesi meno avanzati, ponendo quindi un limite oltre al quale dovranno doverosamente scattare i dazi doganali".
L'analisi dell'assessore Fava parte dalla constatazione che la produzione di riso in Lombardia rappresenta "circa il 50% della produzione italiana", con una presenza di "circa il 70% delle industrie di trasformazione italiane".
La morte della risicoltura lombarda è provocata da diversi fattori concomitanti, che l'assessore elenca nella missiva a Hogan, partendo dal 1° settembre 2009, da quando cioè ha preso il via la completa liberalizzazione delle importazioni dai Paesi meno avanzati.
Si è assistito a "una crescita progressiva delle importazioni totali dell'Unione europea (+65% dalla campagna 08/09 alla campagna 15/16), raggiungendo il record di 1,34 milioni di tonnellate nella campagna 2015/2016; un rilevante incremento delle importazioni di riso semigreggio Basmati (+97% dalla campagna 08/09 alla campagna 15/16); un aumento spropositato sia delle importazioni di risone dai Paesi Africani, dai Caraibi e dal Pacifico (+5.650% dalla campagna 08/09 alla campagna 15/16) sia delle importazioni di riso lavorato (+4.440% dalla campagna 08/09 alla campagna 15/16); un incremento delle importazioni di riso lavorato in piccole confezioni (+45% dal 2013 al 2016, monitorati dalla Commissione per anno solare)".
Così sta morendo progressivamente la risicoltura italiana, messa fuori mercato dai prezzi spuntati da queste importazioni a dazio zero. E le conseguenze potrebbero diventare rilevanti anche a livello ambientale. "Siamo di fronte al pericolo che un intero ecosistema, caratterizzato da 200.000 ettari di zone umide, sparisca", scrive Fava.
L'assessore lombardo si dichiara "sicuramente d'accordo con le motivazioni umanitarie che hanno spinto la Commissione a sottoscrivere gli accordi Eba", ma osserva che "lo strumento, senza gli opportuni contrappesi, è diventato un elemento di forte criticità che mina i redditi dei produttori risicoli comunitari".
"Nulla in contrario alle importazioni dai Paesi meno avanzati - scrive Fava- ma non possiamo correre il rischio che, in uno slancio umanitario senza regole, il riso lombardo venga totalmente rimpiazzato da prodotto estero, perché così avremmo come risultato solamente l'impoverimento dei nostri produttori".
Un esempio concreto potrebbe essere quello della Birmania, il cui stock esportato potrebbe essere incrementato a dazio zero di 100 volte rispetto a quanto oggi è inviato in Europa.
"Garantiamo volumi di import che riteniamo solidali - scrive ancora Fava - superati i quali, però, applichiamo un dazio. Altrimenti la risicoltura europea scomparirà per sempre".
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