“Il prezzo del suino pronto per il macello oggi è remunerativo, si attesta intorno a 1,70 euro al chilogrammo, ma la media del semestre al 30 giugno scorso non raggiungeva l’1,30 euro, un valore al di sotto dei costi di produzione”.
Claudio Canali, presidente della Federazione nazionale di prodotto per i suini, valuta in questo modo l’andamento del comparto nel corso del 2019 sottolineandone la causa: “la crisi dei prosciutti stagionati iniziata a settembre dell’anno scorso per un’errata programmazione della produzione da parte delle industrie dei salumi Dop e Igp che ha creato eccedenze e cali di prezzo anche a monte della filiera”.
Un trend di mercato che però si è invertito grazie alle recenti dinamiche emerse a livello internazionale: la Cina, che è il più grande produttore mondiale di suini (con il 50% dell’offerta internazionale) è stata colpita dalla peste suina africana ed è stata costretta ad abbattere, anche se non ci sono stime ufficiali, il 20-25% dei capi allevati. Questo crollo ha creato un gap enorme, pari, come volume, a tutta la carne suina prodotta in Europa, incentivando le esportazioni da Spagna e Olanda.
“L’Italia - spiega Canali - sta partendo adesso un poco in ritardo per problemi burocratici dopo che la Cina ha autorizzato le importazioni di suini da 9 macelli nazionali grazie all’accordo economico ‘La Nuova Via della Seta’ tra Italia e Cina. Il mercato cinese offre importanti opportunità alla filiera suinicola del nostro Paese visto che ritira prevalentemente parti che in Italia non hanno mercato come orecchie, teste, piedi ed interiora, ma dovrebbero essere invece smaltite. Un costo che si trasforma così in un ricavo aggiuntivo per i macelli quantificabile in 15 euro a capo, pari a circa il 7% del valore di mercato del suino".
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