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SEQUESTRATI BENI PER 11 MILIONI DI EURO

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Lunedì 04 Luglio 2016

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Questa mattina la Guardia di Finanza di Parma, a seguito di una complessa indagine economico-finanziaria avviata da circa un anno e, successivamente, coordinata e diretta dalla Procura della Repubblica di Parma, ha eseguito un provvedimento di sequestro patrimoniale per “equivalente” di circa 11 milioni di euro, emesso in via d’urgenza dalla stessa Procura, nei confronti di un’azienda parmigiana operante nel settore alimentare.

Le indagini e le verifiche svolte sui bilanci aziendali nonché sulla relativa contabilità fiscale e sulla voluminosa documentazione degli atti di gestione, hanno fatto emergere, in modo inconfutabile, alcune azioni perpetrate dagli amministratori pro-tempore della società, la Parmacotto: in particolare questi ultimi, attraverso artifici contabili, false attestazioni e la conseguente falsificazione di un bilancio annuale d’esercizio, erano riusciti a far apparire una situazione economico-patrimoniale talmente fiorente da indurre in errore una società di diritto pubblico (che ha finalità di sostenere e sviluppare investimenti produttivi e programmi di sviluppo di aziende italiane sane e redditizie) che erogava su richiesta dell’azienda stessa, un finanziamento di 11 milioni di euro.

Tale liquidità finanziaria costituita da “denaro pubblico” veniva concessa nel settembre del 2011 grazie ad un bilancio non rispondente alla reale situazione economica e finanziaria dell’azienda: in particolare, in quell’anno, gli amministratori, rinviavano a esercizi futuri costi di gestione già certi nella loro manifestazione, evitando così di far apparire una consistente perdita di esercizio.

La situazione critica “latente” è poi esplosa nel 2014 quando la società si è vista costretta a ricorrere alla procedura, prevista dalla legge Fallimentare, del “concordato preventivo in continuità”, per le enormi perdite non più “occultabili”. Il reato configurato dalla Procura della Repubblica è quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, commesso dai due amministratori, ora indagati. Il sequestro mira a recuperare il “denaro pubblico” che l’azienda ha ricevuto indebitamente sotto forma di aumento del proprio capitale sociale.

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