Aveva fatto dell’immigrazione clandestina il suo business personale e, per fornire un servizio completo ai suoi clienti, aveva organizzato una rete di collegamenti con persone che gli permettevano di soddisfare tutte le esigenze.
L’uomo, un cittadino tunisino di 49 anni, è stato arrestato dagli investigatori della Squadra mobile di Como, al termine dell’indagine denominata “Fake”; insieme a lui è finito in manette il suo principale collaboratore, un italiano di 33 anni.
I due arrestati sono accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, falso e induzione in errore del pubblico ufficiale. Indagate in stato di libertà 130 persone che, in diversi settori, collaboravano con i due uomini finiti in carcere.
L’attività investigativa della Mobile ha preso il via nel marzo 2016, subito dopo la denuncia di un cittadino straniero, il quale asseriva di aver pagato 4mila euro per “comprarsi” tutti i documenti necessari ad ottenere un permesso di soggiorno, e di essere stato ricattato per ottenere la restituzione del proprio passaporto.
L’indagine che si è sviluppata nei mesi successivi, ha permesso di fare luce su quello che era diventato un vero e proprio business per i due arrestati.
Grazie alla rete di complici sparsi nei posti giusti, il tunisino era in grado di far avere ai suoi clienti tutti i documenti falsi necessari ad ottenere un regolare permesso di soggiorno; e per ogni servizio c’era una tariffa: mille euro per ogni contratto di lavoro fittizio; 600 euro per un certificato di residenza; 300 euro per una dichiarazione di ospitalità e 100 euro per ogni busta paga fittizia.
Per spremere ulteriormente i suoi clienti, l’uomo spesso li ricattava, chiedendo altri soldi per la restituzione del loro il passaporto, consegnato per completare la falsa documentazione.
Il tunisino sfruttava fittizi datori di lavoro compiacenti, per lo più alcolizzati e tossicodipendenti bisognosi di soldi, per procurare falsi contratti di lavoro da presentare all'ufficio immigrazione della questura di Como.
All’occorrenza l’uomo era in grado di procurare un domicilio o delle false buste paga; inoltre, per rendere la pratica il più verosimile possibile, pretendeva dall’immigrato il pagamento all’Inps dei contributi previdenziali di competenza dei datori di lavoro.
Per gli stranieri che hanno beneficiato dei servizi degli indagati, sono stati interessati i competenti uffici immigrazione per valutare l’eventuale revoca del titolo già ottenuto o il rigetto dell’istanza già presentata.
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