I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Bergamo, nell’ambito dell’operazione TRIBE, dalle prime ore della mattinata, stanno dando esecuzione ad un’ordinanza che dispone la custodia cautelare nei confronti di 5 soggetti di cui 3 in carcere e 2 ai domiciliari.
Tra le persone tratte in arresto figurano 3 imprenditori e 2 professionisti, un commercialista con studio in provincia di Bergamo ed un consulente tributario attivo sulle piazze di Milano e di Monza Brianza, già gravato da precedenti specifici.
Sono 15 le perquisizioni in corso da parte dei Finanzieri presso abitazioni, studi commerciali e sedi di società tra le provincie di Bergamo, Milano, Monza e Brianza, Sondrio, Venezia e Varese.
Il provvedimento di arresto, firmato dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Bergamo, Marina Cavalleri, su richiesta del Sostituto Procuratore della locale Procura della Repubblica, Emanuele Marchisio, rappresenta l’epilogo di una articolata indagine condotta dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Bergamo sulle cause del fallimento di una nota società operante nel settore della ristorazione e gestione delle mense e che ha visto coinvolti 19 soggetti, indagati a vario titolo per bancarotta fraudolenta, riciclaggio, autoriciclaggio e false compensazioni di crediti d’imposta.
I militari, attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali, servizi di osservazione, acquisizione di testimonianze, indagini finanziarie e riscontri documentali hanno raccolto una serie di elementi che hanno portato alla luce un vero e proprio sistema ideato dai principali indagati finalizzato alla sistematica spoliazione di realtà imprenditoriali portate al fallimento, una volta svuotate del patrimonio e dei beni.
Gli approfondimenti investigativi hanno permesso di ricondurre all’effettivo dominus della società fallita, tratto in arresto, anche l’operatività di ulteriori 6 aziende, sempre attive nel campo della ristorazione, per le quali sono state avviate procedure fallimentari.
Il dissesto che ha condotto al fallimento della società oggetto d’indagine nel periodo 2013/2017 è stato definito dal giudice, nella sua ordinanza, di dimensioni imponenti dal momento che il passivo accertato ammonta ad oltre 36 milioni di euro, dei quali 17 milioni in danno all’Erario e 4,5 milioni in pregiudizio di 767 ex-dipendenti dell’azienda.
Le investigazioni dei finanzieri hanno svelato almeno tre metodi per danneggiare le casse societarie: il pagamento all’amministratore di compensi per circa 1 milione di euro, a dispetto della situazione di dissesto in cui versava l’impresa; l’effettuazione, in assenza di corrispettivo, di prestazioni in favore di altre società riconducibili sempre all’amministratore di fatto della fallita per altri 2 milioni di euro; e in ultimo la corresponsione ai due professionisti, anche loro raggiunti da misura cautelare, di circa 5 milioni di euro, contabilmente giustificati come pagamento di imposte, che però non venivano versati all’Erario, grazie a false compensazioni, ma restituiti all’imprenditore della società fallita.
Si è registrato anche il pagamento di somme a 8 società esistenti solo sulla carta e non giustificate dalla sussistenza di rapporti commerciali.
Complessivamente le indagini allo stato hanno consentito di accertare distrazioni per circa 10 milioni di euro. Nel corso delle intercettazioni è emersa la volontà dell’imprenditore al centro delle indagini di eseguire rilevanti investimenti all’estero nel settore dei parchi giochi/avventura, campo nel quale la sua famiglia aveva già maturato una pregressa esperienza in provincia di Bergamo. Al fine di ostacolare la tracciabilità del denaro, parte delle somme distratte sono state trasferite sui c/c esteri intestati a società anch’esse fittizie con sede in Croazia, Slovacchia, Slovenia e Svizzera.
La sinergica operazione di ricostruzione delle operazioni economico-finanziarie posta in essere dagli investigatori unitamente al prezioso contributo del curatore fallimentare, il compianto Stefano Mecca, tragicamente scomparso il mese scorso in un incidente aereo, ha fatto emergere la totale inattendibilità delle scritture contabili e la falsificazione dei bilanci al fine di mantenere l’accesso al credito bancario.
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