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ALMENO QUATTROCENTO VENTI MILA LOMBARDI CONTAGIATI

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Giovedì 09 Aprile 2020

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Sarebbero almeno 420mila, secondo le stime più prudenti, i lombardi che hanno contratto il Covid-19, oltre 15 volte in più dei contagi effettivamente registrati.

Il 4,17% della popolazione rispetto allo 0,26%, ma in modo molto difforme: quasi il 12% in provincia di Bergamo, il 9,6% a Lodi, il 9% a Cremona, l’1,4% nella Città metropolitana di Milano e l’1,8% a Varese.

Solo a Lodi, però, la curva della mortalità ha iniziato a scendere dopo metà marzo, mentre nelle altre province, per bene che vada, nella terza settimana di marzo si sono visti dei rallentamenti nella crescita.

È quanto emerge dall’analisi dei dati di mortalità reali nei comuni lombardi (per una copertura del 56% della popolazione) effettuata dal consigliere regionale del Pd Samuele Astuti, che è anche professore alla LIUC, con la collaborazione di Massimo Cavallin. I dati sono forniti da Istat e sono gli ultimi disponibili, fino alla settimana che si è conclusa il 21 marzo.

Astuti e Cavallin hanno perfezionato lo studio sulla mortalità di qualche giorno fa, utilizzando i dati raccolti per stimare l’impatto del virus sull’intera popolazione lombarda, provincia per provincia, utilizzando come fattore ‘prudenziale’ il dato più elevato di decessi per contagiati fornito dagli studi internazionali, pari al 2,3%.

“I dati sono importanti perché permettono di impostare la strategia migliore – spiega Astuti -. Il fatto che siano stati contagiati ragionevolmente almeno 420mila lombardi ci dice che il virus ha circolato molto, ma che non si può abbassare la guardia, soprattutto nei territori, come Milano o Varese, dove tanta parte della popolazione sembra non essere ancora entrata in contatto. È positivo, invece, il fatto che a Lodi, dove si è partiti prima, già nella terza settimana di marzo si sia visto un decremento della mortalità, segno che le misure di contenimento funzionano. Oggi è evidente che per affrontare la fase due, a cui presto o tardi dovremo arrivare, occorre partire dal territorio e dalla medicina territoriale. Per ripartire occorre che funzioni un sistema capillare di controllo e di verifica che fermi il contagio prima che esploda. È evidente che alla luce di questi fatti anche la riforma regionale della sanità lombarda del 2015 va profondamente rivista, proprio sulla medicina territoriale.”

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