Il Consiglio Regionale della Lombardia, premesso che La Lombardia si è trovata, dal 21 febbraio scorso, al centro di una pandemia mondiale che in poco più di 2 mesi, sulla base dei dati forniti da Regione Lombardia, ha visto il numero dei cittadini positivi al Covid-19 arrivare a più di 75 mila; i decessi – 14mila circa – si attestano da giorni sul 18,5 per cento dei contagi accertati con tampone; i ricoveri nei nostri ospedali hanno avuto il picco intorno al 3 aprile, arrivando a 12mila posti letto occupati nei reparti di degenza ordinaria e 1400 nelle terapie intensive.
Considerato che a fronte di tali numeri stiamo assistendo ad una gestione incerta e deficitaria di questa emergenza, infatti: - non si è proceduto con la tamponatura di tutti gli operatori sanitari e sociosanitari in servizio, mettendoli a repentaglio e facendo diventare essi stessi veicolo del contagio; - il numero di test che la regione è in grado di processare al giorno è insufficiente ed è mancato un piano credibile per incrementarlo; - le RSA – luoghi per antonomasia da tenere al riparo per la fragilità dell’utenza - sono diventate loro stesse focolai del virus a causa delle decisioni regionali, tra cui la scelta della Giunta di far entrare già dai primi di marzo i malati Covid-19 al loro interno; - quotidianamente, seppur l’epidemia stia allentando la sua presa, leggiamo il triste bollettino che riporta l’alto numero dei decessi di ospiti nelle case di riposo, al cui interno il virus non pare purtroppo sotto controllo; - anche le RSD e i vari centri diurni che forniscono assistenza a disabili e anziani sono stati destinatari di indicazioni tardive e poco chiare, che hanno messo in difficoltà operatori e famiglie e hanno contribuito a diffondere il timore del contagio, se non il contagio stesso; - la perenne mancanza di dispositivi di protezione ha contribuito a far crescere sempre più il numero di operatori sanitari di ospedali e di residenze per anziani e di medici di famiglia che hanno contratto il virus nello svolgere il proprio lavoro, anche con conseguenze estreme; - i cittadini positivi al virus hanno spesso dovuto gestire da soli la propria malattia rimanendo al proprio domicilio, senza trovare risposte adeguate nella medicina territoriale e, spesso, senza neppure venire contattati dalle strutture sanitarie; - manca un piano per la fase 2 sanitaria con molte incognite su test sierologici per la popolazione, sulla riorganizzazione dei presidi ospedalieri, sulla ripresa delle attività sanitarie ordinarie; La Giunta regionale, nonostante la situazione emergenziale abbia messo in crisi il sistema, ha deciso di tenere il coordinamento delle scelte e la relativa comunicazione in capo all’Assessore al Welfare e alla struttura della sua Direzione Generale e non ha previsto, come invece hanno fatto altre regioni, l’individuazione di una figura tecnica che facesse da interfaccia rispetto al Sistema Sanitario Regionale e ai cittadini lombardi; La comunicazione tra Direzione Generale e presidi territoriali è parsa inadeguata, tardiva e, nella maggior parte dei casi, contraddittoria, causando evidenti difficoltà ad operatori sanitari che si sono sentiti letteralmente abbandonati a loro stessi, soprattutto nelle zone più colpite dall’epidemia e nelle settimane di picco della stessa; Nonostante illustri scienziati abbiano sempre sostenuto che il contagio si può bloccare solo sul territorio e non certo in ospedale, la sanità territoriale è parsa, fin da subito, inadeguata a gestire il controllo del contagio e le strutture territoriali non sono state messe in grado di avere le risorse necessarie per attivare adeguati servizi per i cittadini in virtù di una precisa strategia della DG Welfare che ha inteso puntare tutto sugli ospedali, che non hanno potuto reggere l’urto di migliaia di accessi di pazienti che si sono riversati in Pronto Soccorso che non hanno avuto le necessarie indicazioni e risorse per evitare che il contagio dilagasse negli stessi ospedali; Abbiamo assistito, in questi due mesi, a dichiarazioni pubbliche vaghe e confuse e a volte discordanti tra membri della maggioranza. Ne citiamo solo alcune, a titolo esemplificativo: - l’Assessore Giulio Gallera dichiara “La Lombardia ha retto benissimo”, sulla vicenda delle Rsa “È chiaro che, forse, quello delle Rsa è un modello che per la gestione dei pazienti Covid è emerso non avere le capacità di farlo. […] forse è un modello che per la complessità di alcuni pazienti non è idoneo”; - sulla mancata zona rossa della bergamasca, lo stesso Gallera afferma “La Regione Lombardia poteva creare la Zona Rossa. Ho approfondito, esiste una legge” per poi sentirsi controbattere dal Presidente Fontana “Gallera è un ottimo assessore, un po’ meno come giurista”; preso atto che queste incertezze hanno contribuito a disorientare i cittadini, gli operatori sanitari e hanno creato difficoltà anche alla comunità scientifica, proprio nel momento in cui era assolutamente necessario che l’istituzione regionale trasmettesse fiducia e credibilità alla popolazione attraverso una guida politica sicura e coesa e una comunicazione precisa, sobria e determinata;
IMPEGNA IL PRESIDENTE E LA GIUNTA
a rivedere radicalmente l’assetto, politico e tecnico, dell’Assessorato al Welfare e dei vertici della sua Direzione Generale, poiché è venuta meno la fiducia necessaria, indispensabile per affrontare con determinazione la fase della ripresa e garantire la progressiva normalizzazione del sistema sanitario e sociosanitario in una situazione di pandemia che ancora non può essere considerata sotto controllo; a riconsiderare, in sede di revisione della legge 23/2015, l’articolo 27 ter dal titolo Istituzione dell’Assessorato alla salute e politiche sociali ‘Welfare’, anche alla luce di quanto è accaduto nel corso di questa pandemia.
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