In un’area che si sa essere caratterizzata dalla presenza di caprioli, installare reti di protezione alte poco più di un metro per impedirne l’accesso in autostrada è non solo del tutto insufficiente, ma anche colpevolmente omissivo.
A lanciare il grido d’allarme è un automobilista pavese di 47 anni che, dopo aver vissuto sulla sua pelle la brutta esperienza di investire un animale di questa specie in A1, uscendo miracolosamente illeso ma riportando danni per oltre cinquemila euro alla macchina, ha voluto vederci chiaro sul fenomeno dei sinistri provocati dagli animali selvatici, chiedendo a degli esperti un’apposita relazione tecnica.
Il fatto è accaduto il 7 giugno 2020, in pieno giorno, alle 17.20, nel Lodigiano.
Il quarantasettenne, che risiede ad Albuzzano, stava percorrendo alla guida della sua Suzuki Baleno lo svincolo sud dell’uscita di Lodi dell’Autostrada del Sole in direzione Bologna quando, nel territorio extraurbano del comune di Pieve Fissiraga, un capriolo gli ha attraversato all’improvviso la strada da destra verso sinistra: impossibile evitare l’impatto.
L’automobilista con sangue freddo è riuscito a mantenere il controllo della vettura, si è fermato poco più avanti ma, trovandosi in una posizione pericolosa in prossimità di una curva, è ripartito quasi subito chiamando il 112 per segnalare l’accaduto e anche la presenza dell’animale ferito sulla carreggiata e recandosi successivamente presso la sottosezione di Polizia Stradale di Guardamiglio per i rilievi sulla vettura pesantemente danneggiata.
Ogni circostanza è stata appurata e verbalizzata dagli agenti di una pattuglia della Polstrada che sono intervenuti sul luogo del sinistro e hanno notato l’animale ferito, tanto da richiedere l’intervento dell’ambulanza veterinaria, che peraltro non è servito perché i poliziotti poco dopo hanno visto con i loro occhi il capriolo rialzarsi da terra, saltare la recinzione del sedime autostradale, risultata intatta, e dileguarsi nella campagne circostanti. Per inciso, non è stata ravvisata alcuna infrazione in capo all’automobilista.
Il malcapitato, attraverso l’Area manager dott. Giancarlo Bertolone, per essere risarcito si è quindi affidato a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini: la Suzuki ha infatti riportato ingenti danni nella parte anteriore, il carrozziere a cui il quarantasettenne l’ha portata a riparare ha sottoposto un preventivo di 5.028 euro.
E Studio3A ha già chiesto le coperture assicurative e presentato la richiesta danni ad Autostrade per l’Italia, Ente gestore dell’A1, nella speranza che la società dia risposte al danneggiato e di non dover lottare contro gli scaricabarile tra enti che sovente si verificano nei casi di incidenti da attraversamento di fauna selvatica sulla rete stradale ordinaria: sentenze anche recenti della Cassazione su sinistri simili avvenuti in autostrada, infatti, hanno ribadito che la responsabilità, ai sensi dell’art. 2051 del codice civile, è in capo all’ente gestore e che al danneggiato è sufficiente fornire la prova che l’incidente è stato dovuto a un animale selvatico, cosa ampiamente comprovata dal rapporto della Polstrada.
L’automobilista però è voluto andare anche oltre prendendo a cuore una problematica che interessa tutti i milioni di utenti della rete autostradale nazionale e che non infrequentemente causa incidenti dalle conseguenze anche gravi per le persone.
Dalla relazione tecnico-naturalistica che ha fornito emergono due punti chiave. In primo luogo, l’area adiacente al luogo dell’impatto, prossima ad elementi primari delle rete ecologica regionale e alla pianura agricola lodigiana, è altamente soggetta al transito, e in alcune aree boscate anche al rifugio di caprioli. Non a caso nel dicembre 2017 la Direzione generale Agricoltura della Regione Lombardia, in qualità di ente che esercita le funzioni amministrative previste per legge in materia di protezione della fauna selvatica, aveva inviato una circolare ad hoc a tutti i gestori autostradali operanti nel territorio regionale con oggetto “Misure preventive contro l’attraversamento di fauna selvatica”.
Nella nota si rileva come “negli ultimi anni, a seguito della progressiva espansione numerica e territoriale della fauna selvatica, soprattutto degli ungulati (cinghiali, caprioli, cervi…) e dell’incremento e sviluppo delle infrastrutture lineari di trasporto, sempre più sovente si riscontra il verificarsi di attraversamenti della fauna selvatica sulle autostrade del territorio lombardo”. Nel documento si ricorda poi come “l’investimento di questi animali, nonché il tentativo di evitare lo scontro da parte degli automobilisti, hanno spesso come conseguenza l’accadimento di incidenti gravi, se non addirittura fatali”.
“Convinti che la tutela della fauna selvatica - si conclude - e dell’incolumità pubblica richiedano un intervento di sensibilizzazione anche dei gestori della Autostrade lombarde, si invitano le società a porre in essere ogni più utile misura preventiva al fine di assolvere all’esigenza ormai sempre più urgente di impedire ulteriori accessi della fauna selvatica alle corsie autostradali di competenza”.
Invito che nello specifico non pare sia stato colto. La seconda constatazione chiave della relazione prodotta dall’automobilista, infatti, dopo aver misurato la rete di recinzione nel tratto in questione, è che la sua altezza, di circa 1,20 metri, risulta del tutto inadeguata, come hanno potuto notare anche gli agenti della Polstrada, a impedire il “salto” e il transito in autostrada dei caprioli, che sono in grado di saltare tranquillamente due metri. Nel Canton Ticino, in Svizzera, infatti, le autorità raccomandano barriere alte due metri e mezzo; in Catalogna di meno ma comunque di almeno 1,80 metri. Di qui l’appello accorato ad Autostrade per l’Italia, sostenuto con forza anche da Studio3A, di adeguare le protezioni attualmente in opera per evitare di mettere in pericolo gli utenti della strada e gli stessi animali.
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