Votato all’unanimità con 393 voti favorevoli il testo unico delle proposte di legge in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo. Il testo sulla parità salariale, superata brillantemente la votazione alla Camera, passa ora all'esame del Senato.
Una notizia che avrebbe meritato maggior risalto sui media per la portata e le ripercussioni che avrà alla sua attuazione.
“Oggi è stato compiuto un passo molto importante per la parità salariale tra donne e uomini: la Camera ha approvato all’unanimità la legge che estende anche alle aziende sotto i 100 dipendenti l’obbligo a redigere un rapporto sulle pari opportunità in azienda, rafforza la trasparenza e la pubblicità dei rapporti, istituisce la certificazione di parità – così come previsto anche dal PNRR – e una premialità di parità. Una scelta resa necessaria dalle forti disuguaglianze presenti nel nostro Paese, che la pandemia ha accentuato”, spiegano Cecilia D’Elia, portavoce della Conferenza delle Democratiche e Responsabile politiche per la parità e Peppe Provenzano, vicesegretario e responsabile Lavoro del PD.
Dati recenti hanno evidenziato che le donne italiane sono il 56% dei laureati italiani, ma solo il 28% dei manager, che è ancora possibile per una donna ricevere fino al 20% di stipendio in meno del collega uomo a parità di mansione e di ore lavorate. Numeri inaccettabili, che descrivono una situazione che la pandemia ha reso emergenziale, rendendo necessario fornire risposte rapide e adeguate.
Le misure introdotte dal testo di legge sono rivolte tanto alle lavoratrici quanto alle imprese: due facce della stessa medaglia tra loro interconnesse e indivisibili. Attraverso degli sgravi contributivi saranno premiate le aziende virtuose, incentivando e diffondendo le buone pratiche in materia di pari opportunità e garantendo alle donne le stesse possibilità di crescita appannaggio degli uomini.
Tra le novità introdotte dalla proposta di legge, l'ampliamento dell'obbligo di redazione del rapporto sulla situazione del personale alle aziende, pubbliche e private, con più di 50 dipendenti (anziché più di 100, come attualmente previsto). Vengono previsti, tra l'altro, strumenti per favorire la conciliazione dei tempi di vita e dei tempi di lavoro, e un sistema di certificazione della parità di genere. Vengono poi introdotte, tra le fattispecie che danno luogo a discriminazione indiretta, anche gli atti di natura organizzativa o incidenti sull'orario di lavoro che, modificando l'organizzazione delle condizioni e il tempo del lavoro, mettono o possono mettere i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di particolare svantaggio rispetto a lavoratori dell'altro sesso.
Arriva, poi, dal prossimo primo gennaio, la certificazione della parità di genere, che dovrà attestare, tra l'altro, le misure adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità. Certificazione accompagnata, peraltro, da un conseguente meccanismo di premialità consistente in uno sgravio contributivo fino a 50mila euro all'anno per ciascuna azienda (con limite di 50 milioni annui). Serviranno però uno o più Dpcm per definire i contenuti e i parametri di questa certificazione.
L'ultimo articolo riguarda le società non quotate, alle quali si estende il criterio di riparto degli amministratori delle società quotate volto ad assicurare l'equilibrio tra i generi, che trova applicazione per sei mandati consecutivi e in base al quale il genere meno rappresentato deve ottenere almeno due quinti degli amministratori eletti.
DonneDem del Lodigiano esprime la propria soddisfazione: “un primo traguardo è tagliato grazie anche all’impegno del PD e di Chiara Gribaudo, relatrice della Legge approvata oggi alla Camera, adesso ci aspettiamo che il Senato faccia adesso la sua parte e approvi in fretta il provvedimento” dichiara la portavoce Barbara Gualtieri.
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