Scatta la raccolta del riso in Lombardia ma l’impatto dei cambiamenti climatici in una estate devastata da siccità e nubifragi ha tagliato di oltre 200 milioni di chili le produzioni rispetto allo scorso anno.
È quanto emerge dall’analisi della Coldiretti regionale sulla base del primo monitoraggio fra le aziende, mentre le operazioni di trebbiatura entrano nel vivo.
La prolungata assenza di piogge e l’impossibilità di garantire una corretta irrigazione hanno compromesso lo sviluppo delle piantine, con una situazione che si è via via aggravata anche a causa del vento caldo che ha contribuito a seccare le spighe. Una situazione climatica intervallata poi da nubifragi e grandinate che hanno ulteriormente danneggiato i raccolti. Il risultato è che in Lombardia sono stati cancellati 23 mila ettari di riso. A questi si devono aggiungere tutti quei terreni parzialmente colpiti che faranno inevitabilmente registrare cali produttivi, secondo dati Ente Risi
Oltre agli effetti della siccità i risicoltori devono fare i conti con il boom dei costi di produzione che vanno dal gasolio alle bollette fino alle sementi e ai concimi.
“Contro l’aumento dei costi di produzione bisogna lavorare fin da subito sugli accordi di filiera che sono uno strumento indispensabile per la valorizzazione delle produzioni nazionali e per un’equa distribuzione del valore lungo la catena di produzione” afferma il vice presidente della Coldiretti Lombardia, Paolo Carra.
Intanto è arrivato il via libera in Conferenza Stato Regioni al decreto del Ministero competenete che stanzia 15 milioni di euro fino ad esaurimento per i risicoltori italiani a parziale ristoro dei maggiori costi sostenuti a seguito della crisi causata dalla guerra in Ucraina, del livello record raggiunto dai prezzi delle materie prime energetiche e anche in considerazione della siccità che ha compromesso le produzioni.
“Siccità ed eventi estremi hanno colpito a macchia di leopardo: ci sono zone dove la perdita è quasi totale, altre dove è più contenuta – conferma Stefano Greppi, risicoltore pavese – Ci aspettiamo una diminuzione sia nel raccolto che nelle rese di produzione, perché a causa dell’andamento climatico anomalo la pannocchia di riso non ha potuto svilupparsi a dovere e c’è il rischio che le piantine abbiano pochi chicchi. Quelli che invece sono aumentati a dismisura sono i costi di produzione che come produttori ci troviamo a sostenere”.
“Purtroppo le peggiori previsioni dei mesi scorsi sono state confermate – dichiara Fabio Camisani, risicoltore milanese che coltiva campi tra Binasco e Gaggiano -. Le stime di una perdita del 30 per cento del prodotto qui da noi rischiano di essere fin troppo ottimistiche. Per valutare la situazione bisognerà aspettare la fine della raccolta".
Quest’anno si stima che la superficie destinata a riso in Lombardia sia di circa 95mila ettari, concentrati per la stragrande maggior parte in provincia di Pavia. Altre zone vocate si trovano nel Milanese e, in misura minore, nel Lodigiano e nel Mantovano. A livello nazionale, invece, quest’anno i terreni investiti a riso sono destinati ad attestarsi intorno ai 217 mila ettari.
Il settore è strategico per l’economia e l’approvvigionamento alimentare del Paese, con una gamma varietale unica e tra le migliori a livello internazionale: sono 200 infatti le varietà iscritte nel registro nazionale, dal vero Carnaroli, con elevati contenuto di amido e consistenza, spesso chiamato “re dei risi”, all’Arborio dai chicchi grandi e perlati che aumentano di volume durante la cottura fino al Vialone Nano, il primo riso ad avere in Europa il riconoscimento come indicazione geografica protetta, passando per il Roma e il Baldo che hanno fatto la storia della risicoltura italiana.
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