"Gentili docenti, dopo aver letto con attenzione la lettera che avete indirizzato all’amministrazione comunale, chiedendo la revisione del provvedimento sul “buono scolastico per gli alunni stranieri”, credo siano opportune alcune precisazioni".
Si apre così la lettera del sindaco di Lodi, Sara Casanova, nella quale replica agli insegnanti che l'hanno interpellata con una missiva sottoscritta da oltre un centinaio di docenti. Nel testo si rileva che "mi rispecchio perfettamente in ciò che è scritto nella Costituzione della Repubblica Italiana, i cui articoli 3 e 34 sono richiamati nel vostro scritto. Riassumendo, tutti i cittadini hanno pari dignità sociale, tutti sono uguali davanti alla Legge e l’istruzione inferiore è obbligatoria e gratuita.
A nessun bambino, in questa città, è stata negata la possibilità di frequentare la scuola dell’obbligo, anzi, sono stata la prima a condannare chi, con fini evidentemente strumentali, ha fatto sì che i più piccoli manifestassero con i cartelli: “Vogliamo andare a scuola!”.
Leggendo la vostra lettera, non ho potuto fare a meno di notare con stupore che è stata sottoscritta solamente da 20 docenti che insegnano nelle scuole dell’infanzia e nelle primarie di Lodi. Tutti gli altri firmatari appartengono alle scuole superiori (Einaudi, Gandini, Itis, Maffeo, Piazza) e a una scuola secondaria di primo grado di Lodi (Cazzulani) o ancora a istituti esterni al Comune di Lodi (Casalpusterlengo, Paullo, Pieve Fissiraga, Tavazzano, Zelo Buon Persico) che nulla quindi hanno a che fare con i servizi scolastici oggetto del Regolamento. Ciò nonostante questi stessi docenti sostengono di vivere “in uno stato permanente di grande sofferenza e disagio”.
Nessun insegnante è stato “costretto a mandare a casa” gli alunni all’ora di pranzo - se mai questa è una scelta che spetta alle famiglie - e nemmeno a dividere i bambini (“da una parte quelli in regola con il pagamento del buono mensa; dall’altra quelli che si portano il cibo da casa”), la ditta responsabile della refezione ha sempre consentito a tutti di mangiare in mensa, anche se chiaramente l’autonomia scolastica prevede che in alternativa si possa portare il pasto da casa, e questo vale per qualunque bambino che sia cittadino italiano, della Ue o non comunitario. Gli uffici preposti segnalano che ad oggi sono in tutto una decina i bambini le cui famiglie hanno preferito quest’ultima soluzione.
Proprio perché la mensa, come opportunamente ricordato dai firmatari, è “scuola a tutti gli effetti”, esorto i docenti a tenere fuori da questo luogo le personali idee politiche e a continuare a svolgere il delicato compito educativo nel rispetto delle sensibilità e degli orientamenti di ciascuno. Lavoriamo per lo stesso obiettivo: creare una scuola equa nei confronti di tutti".
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